«Un vecchio è riuscito ad arrivare qui dall’Australia, per cercare la tomba di suo figlio». All’origine c’è questa frase, raccolta in una missiva di Cyril Hughes, colonnello della Commissione Imperial War Graves, incaricato di ripristinare l’ordine nel campo abbandonato di Gallipoli, negli anni immediatamente successivi la fine della Prima Guerra Mondiale. Ne nasce un film, il primo da regista per la star neozelandese Russel Crowe.
Nel 1919, ormai solo, dopo il suicidio della moglie (che si annega nella pozza d’acqua riempita dal marito), Joshua Connor (interpretato dallo stesso Crowe), decide di partire per la Turchia per dare degna sepoltura ai tre figli, morti durante i combattimenti di Gallipoli. Un capitolo di storia australiana (e non) che non può prescindere dallo splendido Gli Anni Spezzati, diretto da Peter Weir. In The Water Diviner, invece, Crowe sposta l’azione nel periodo immediatamente successivo, descrivendo trasversalmente il contesto. Non ci immergiamo nelle trincee dell’ANZAC (Australian and New Zealand Army Corps), ma in quelle turche; viviamo l’Australia dell’assenza, del mancato ritorno a casa.
L’Australia in cui Joshua Connor è un rabdomante, colui che scopre il corso dell’acqua sotto terra. E allo stesso modo vuole estrarre dalla terra dilaniata i corpi dei propri figli.
The Water Diviner è un film cinematografico. Si avverte la tradizionalità del linguaggio, gli stilemi di un cinema classico. La regia di Crowe è densa, ricca di accorgimenti narrativi e stilistici, eccessiva a tratti. Un’epopea familiare e nazionale, un microcosmo che racconta il sacrificio umano di un popolo. Crowe non si limita a descrivere gli australiani, ma guarda al “nemico” descrivendone l’umanità, la ricchezza. Un film sul confronto, sull’incrocio di culture, sulla condivisione del dolore, sulla banalità della guerra. The Water Diviner, nonostante i limiti da facile melodramma, ha il grande pregio di essere un film che racconta luoghi e uomini, sentimenti e derivazioni. Almeno due momenti memorabili: i tre figli feriti, abbandonati tra le trincee, e la tempesta di sabbia in Australia. La prima è mostruosamente meravigliosa, la seconda è suggestiva e poetica. Crowe ha imparato la lezione dei vari Scott, Mann, Howard, suoi registi, suoi maestri.
voto
♥♥½/ ♥♥♥♥♥
alessandro venier
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