Angeliki ha undici anni.
Li compie oggi. Oggi è il suo compleanno.
Tre generazioni attorno a un tavolo intonano i festeggiamenti.
Angeliki ha undici anni.
Il giorno del suo undicesimo compleanno, esce sul terrazzo e si tuffa nel vuoto.
Inizia così Miss Violence.
Inizia così e prosegue in un vortice di violenza mentale.
Implicita.
E fisica.
Esplicita.
Vortice di violenza generazionale.
E’ l’evento scatenante, la chiave che apre mondi e svela a poco a poco gli orrori della mente umana. La bassezza morale, i crimini più beceri. I due volti del male, quelli da gelato alla fragola e violenza protratta. All’infinito.
Miss Violence è devastazione.
Lo sguardo interno nella crudeltà. Immergersi nel salotto di casa e osservare inermi. Come in un acquario, il passaggio lento e continuo del male. Una distanza di disaffezione, un’impossibile compartecipazione al dramma. Una strada percorsa nello smarrimento incredulo che l’atrocità ci induce.
Con chirurgia narrativa, il mondo svelato sfiora le nostre vite. Il distacco di chi dirige è direttamente proporzionale al pugno sferrato nello stomaco. Qui c’è la straordinaria forza del film che ha portato a casa il Leone d’Argento e la Coppa Volpi per l’interpretazione maschile all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
La devastazione è nostra vicina di casa. L’orco ha il ghigno del dirimpettaio.
da (ri)scoprire in DVD