Difficile non partire da una stanza per iniziare a raccontare la Festa del Cinema di Roma. Una stanza chiusa, da cui è impossibile uscire. Chiusa perché si è stati costretti, con l’inganno ad entrarci, a rimanerci. Non esiste un mondo là fuori, non lo si conosce.
Questo è il dramma da cui parte Room, film straziante e meraviglioso che racconta la storia di una madre e del proprio figlio, segregati per anni in un capanno dal loro carnefice. Room è un film che, con queste premesse, poteva essere molte cose, sbilanciato in un senso o nell’altro. Invece, Lenny Abrahamson (quello del bellissimo Frank) parte dallo spazio, dalla materialità di una stanza e dalla concretizzazione dello stupore. E con questo strumento racconta l’amore di un piccolo bimbo per la propria madre. Giocando a sottrarre significati ovvi e a riempire spazi immaginari, crea così un film di una spiritualità densa, di una celata e immensa grandezza.
Voto: ♥♥♥♥½ / ♥♥♥♥♥
Nelle stanze della redazione di 60 minuti, invece, si compie la vicenda di Truth, il film evento che ha aperto questa decima edizione della Festa del Cinema di Roma. E’ la vicenda di Dan Rather, Mary Maphes che, assieme alla la loro squadra di reporter, provarono a scoperchiare la verità sul passato dell’allora presidente (e in corsa per il secondo mandato) George W. Bush. Ne uscirono sconfitti e mediaticamente rovinati. Truth è un film solido e intenso. Ha la sua forza in una sceneggiatura efficace, da cinema classico e nei suoi interpreti (Redford e Blanchett magnetici). Un film sulla verità andava raccontato così. Con linearità stilistica e narrativa.
Voto: ♥♥♥ / ♥♥♥♥♥
Siamo partiti da una stanza e ora finiamo in una fortezza. Nessuna guerra o assedio, le sale del Forte di Mehrangarh diventano invece il luogo di meditazione e creazione per Shye Ben Tzur e il suo ensemble di musicisti, il Rajasthan Express. Difficile etichettare Junun di Paul Thomas Anderson, film in bilico tra il documentario, il film concerto, o quasi, allungando il tiro, piccolo home movie messo insieme per il grande pubblico. Ed etichettare in fondo sarebbe sbagliato perché mentre i minuti scorrono, si smette di riflettere e si finisce con l’abbandonarsi al turbine musicale e emotivo di Junun.
Voto: ♥♥♥½ ♥♥♥♥♥
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