Universo ingabbiato.
Personaggi costretti, nei sentimenti e nelle azioni.
Madre e figlio, uniti in una tendenza autodistruttiva, incapaci di gestire la violenza, verbale e fisica.
Soli, fisicamente.
Soli. Letteralmente imprigionati in un formato 1:1 che li ritrae soltanto uno alla volta. Isolati nell’incomunicabilità.
Diane è una madre. Donna attraente, ma incapace di gestire la propria vita. Steve è un buon ragazzo, ma incapace di esercitare su stesso l’autocontrollo necessario. E la violenza impenna, incontrollabile. Si alterna l’onda, a intervalli regolari, a momenti di calma, fatti di leggerezza unica.
Mommy è una storia d’amore impossibile. Il tentativo disperato di chi ama e di chi è amato. Un urlo soffocato dal rumore assordante della vita, dell’incapacità di affrontare la patologia, l’esistenza.
Un urlo isolato, non comunicato. Xavier Dolan ci regala un appiglio di speranza illusoria, una “venticinquesima ora”. La comunicazione è di nuovo possibile. Il miraggio galleggia, ansima nel vortice in cui annega. Lo schermo si allarga e la vita si riempie. Il 16:9 ora ci abbraccia, ci avvolge in un vortice diverso.
E poi soffoca.
Xavier Dolan ha creato un film estremo e sperimentale.
E’ un artista a cui piace compiacersi. Geniale e sfiancante.
In Mommy ci troviamo di fronte a una convergenza di stile e narrazione, di emozione e tecnica. Un film unico, capace di abbracciare con calore e di soffocare ogni respiro.
voto: ♥♥♥♥ / ♥♥♥♥♥