Due fratelli in una cittadina industriale di un’America senza speranza. Una Pennsylvania senza sogno. Senza poesia.
Russel (Christian Bale) si spacca la schiena in fabbrica. Ha una donna che ama. Uomo tutto d’un pezzo. Come il padre, che a causa della fabbrica ora lascia le penne.
L’altro è Rodney (Casey Affleck), reduce dall’Iraq. Anima persa, in continua ricerca di rogne. Di pugni presi e pugni dati. Lui in fabbrica non ci vuole andare. Non ci andrà, mai.
Out of the Furnace (malamente tradotto con Il Fuoco della vendetta)da qui prende il via. Dalle dinamiche più classiche del rapporto tra fratelli. Uno fa, l’altro distrugge. Il vortice si espande e ingloba le vite. E niente va per il verso giusto.
Segue una ricerca di giustizia dal sapore biblico, in un mondo che sembra non averne.
Una ricerca violenta e distruttiva.
Per gli altri.
E per lo spirito.
In più di qualche momento sembra di rivivere il dramma de Il Cacciatore. Troppe le analogie per poterle ignorare. Là era il Vietnam, qui la memoria dell’Iraq. Lì due amici, qua due fratelli. La caccia al cervo ne esalta il ricordo in un Christian Bale similitudine del De Niro dei bei tempi andati.
Qui il colpo solo prima non viene sparato. Ma poi è inevitabile.
Per un’ora abbondante è un dramma familiare senza tregua. Poi diventa una caccia all’uomo meno interessante e più canonica.
Diretto da Scott Cooper (Crazy Heart), Il fuoco della vendetta ha forse nella sua durata troppo breve il proprio limite.
Elevato dalle splendide interpretazioni dei protagonisti Bale e Affleck. Meno interessanti i caratteristi (con l’eccezione di Woody Harrelson).
Rimane il denso ritratto di un’America dal cuore lacerato. Grigia e disillusa dal proprio mito. Un’America di fornaci, opprimente e misera. Un’America di sopravvivenza.
voto: ♥♥♥ / ♥♥♥♥♥