Jordan Belfort, quel bravo ragazzo.
Non potrebbe essere altrimenti.
Le analogie ci sono, e sono tante.
Andiamo per ordine però.
Jordan Belfort è un broker a Wall Strett.
Il suo unico sogno nella vita è fare soldi. E farne tanti.
Ascesa e discesa.
Dalla cima agli inferi. Passando per orge, cocaina, nevrosi e ogni tipo di perversione.
Questo è Jordan Belfort alias Leonardo Di Caprio. Fratello minore (inteso cronologicamente, non per merito) di Henry Hill, protagonista di Goodfellas, o di Sam ‘Ace’ Rothsein di Casinò.
The Wolf of Wall Street è Scorsese. Un film di Scorsese al 100%.
I personaggi vengono usati per raccontare universi e riflettere sull’avidità, totale perdita di sentimenti e alienamento dell’anima. Per questo Jordan è il fratello di Henry e di Sam. Perché nello stesso universo naviga, bazzica, galleggia, emerge e alla fine affoga. Come in Casinò o in Goodfellas, Scorsese fa quello che gli riesce meglio. Ci fa correre accanto ai suoi antieroi, li rende grandi, unici e poi li distrugge. Senza morale, senza giudizio. Per fortuna.
In The Wolf of Wall Street ci si muove a ritmo di coca, in una nevrosi continua, fatta di accumulo e densità, in cui le immagini e i contenuti si alternano travolgenti. Viviamo accanto a Jordan, lo seguiamo, ne veniamo risucchiati.
Senza sconti, senza empatia, è una commedia nera in cui non c’è spazio per il rimpianto.
Dimenticate il Wall Street di Stone, dove la morale e la retorica accompagnavano Michael Douglas. E la noia echeggiava.
In The Wolf of Wall Street ci si tuffa e per tre ore non si torna più indietro. E la bellezza è data dalla totale mancanza apparente di senso critico nei confronti di questo folle criminale. Crocifiggete Scorsese, dunque, voi moralisti. Ma forse vi converrebbe guardare il film. E godervi un grande film.
Due righe per Leo? Dicono che normalmente sia bravo. Bravissimo. Ecco qui è al suo massimo. Immenso.
voto: ♥♥♥♥ / ♥♥♥♥♥